Scrivere di luoghi: l’Estremadura in “Un Terribile Amore”

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Scrivere di luoghi significa per lo scrittore trasformare fatti in verità grazie al potere dell’immaginazione.

Scrivere di luoghi: Russell Banks

Ho incontrato Russell Banks circa dieci anni fa.

Il suo romanzo, “The Darling”, era stato appena pubblicato.

La narrazione era parzialmente ambientata in Liberia, un Paese impantanato in una guerra civile senza fine.

La sua descrizione delle brutalità del conflitto in quello straordinario paese era agghiacciante.

Gli chiesi come avesse avuto il coraggio di andare là.

Non ho mai messo piede in Liberia, disse, mi ci sono solo immaginato.

Le parole di Banks hanno fatto risuonare qualcosa in me.

Il suo Paese immaginato è una metafora perfetta per la vita del romanziere: i luoghi sono dove sono, i fatti sono quello che sono.

È il lavoro dello scrittore trasformare quei fatti in verità: una verità forgiata dal potere dell’immaginazione.

Per il mio sesto romanzo, Se Stasera Siamo Qui, ho fatto volare uno dei miei maleducati personaggi al sole della Toscana. I lettori italiani si sono congratulati con me per l’autenticità delle mie descrizioni.

Non ero mai stata in Toscana.

Leggere sull’argomento, pioggia di foto, parlare con gente che è stata nei luoghi: queste sono tutte potenti risorse, se accoppiate con il potere dell’immaginazione dello scrittore.

In quell’occasione almeno il mio NON essere stata in Toscana ha significato che la mia scrittura non era in pericolo di venire costretta dalla realtà.

Ero in grado di creare la magia, la mia personale unica Toscana, la fantasia privata del mio personaggio.

Era una sfida piacevole, ed anche una lezione: qualche volta scrivere su qualcosa che non conosci è meglio che scrivere su qualcosa che sai.

Con “meglio” intendo che tutta la familiarità è strappata via, tutta la memoria. Quel che rimane è un distillato di esperienza.

L’essenza di qualcosa si raggiunge con l’aiuto dell’inconscio. Quindi, non ci sono il modo giusto o sbagliato di andare a scrivere. C’è solo quello che funziona, e che cambierà di storia in storia. Ogni parte di lavoro ha le proprie esigenze.

Con il mio romanzo più recente, Un Terribile Amore, queste esigenze hanno iniziato a farsi pressanti sin da subito.

Avevo iniziato a scrivere la storia di Calista e Alexandros, una coppia moderna le cui vite rispecchiano quelle del mito greco di Clitennestra e Agamennone, quando ho sentito qualcuno bussare sulla spalla della mia immaginazione.

Mi sono voltata a vedere una graziosa giovane donna, non più che diciassettenne, con occhi scuri, capelli scuri e un atteggiamento che respirava sfida.

Il mio nome è Pilar, disse. Questa è anche la mia storia. E vengo dall’Estremadura. Scrivi di me.

Questo avviene sempre agli scrittori. Un personaggio viene fuori dal nulla e chiede di essere ascoltato: un personaggio che non è necessariamente parte dell’iniziale onda creativa che fa nascere una nuova storia.

Ma ovviamente tutti i nostri peersonaggi vengono da qualche luogo: la sconosciuta, misteriosa parte che è al di là di ragione e spiegazione.

Ho ignorato Pilar all’inizio, ma lei è diventata più insistente.

Alla fine mi ha vinto, come fanno di solito certi personaggi, con la pura forza della tenacia.

Ho dovuto cambiare i miei piani.

Conoscevo già bene Calista: avevamo vissuto insieme per anni. Avevo sempre voluto andare a Cipro, dove ho mandato lei e Alexandros a vivere dopo il matrimonio.

Ma ora un’altra, diversa location si faceva più pressante: per prima cosa avevo bisogno di andare in Estremadura, avevo bisogno di essere con Pilar.

Conosco bene la Spagna.

Lo Spagnolo è la mia seconda lingua, la lingua in cui Pilar continua a parlarmi.

Ma non ero mai stata in Estremadura: quella terra al di là del fiume Duero rannicchiata vicino al Portogallo, lontano dalle coste a dai turisti.

Nel momento in cui ci arrivai, seppi di aver preso la giusta decisione. Stavo respirando l’aria di Pilar, guardando la sua casa natale attraverso i suoi occhi, sentendo la grana della sua vita quotidiana.

Dovevo immaginare gli anni ’50, ovviamente (il passato è un’altra terra), ma il paesaggio selvaggio, il fascino delle città, il lento e mormorante ritmo di vita: tutto ciò ha fatto sì che Pilar vivesse nella mia immaginazione in un modo che era nuovo e intimo e intenso.

Potevo vedere anche la Pilar più anziana, nella moderna Trujillo, guardare i rondoni al tramonto scendere giù a centinaia attorno al campanile.

La potevo vedere nella luminosa e accogliente piazza principale di Cáceres.

E potevo udirla passeggiare per le strade mentre si dirigeva al suo caffè preferito.

Era una deliziosa sensazione, noi due camminare fianco a fianco.

Sono diventata appassionata di questa esuberante, spinosa donna, fieramente indipendente. Quando lasciai l’Estremadura, conoscevo meglio Pilar.

Ho capito lei e il suo bisogno di fuggire a Madrid e crearsi una nuova vita.

Abbiamo passato un altro anno insieme, prima che pubblicassi finalmente “Un terribile amore”.

È stato duro lasciarla andare.

Certi giorni ancora mi manca.

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